Marco Boato - attività politica e istituzionale | ||||||||||||||||
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Roma, Camera dei Deputati, 8 maggio 2007 Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro della giustizia e il Ministro della salute, per sapere - premesso che: gli Istituti cui viene demandata l’esecuzione della misure di sicurezza per i malati di mente, sono gli Ospedali Psichiatrici Giudiziari (OPG) e le Case di Cura e Custodia (CCC); attualmente gli OPG attivi sono sei, di cui cinque (Reggio Emilia, Montelupo Fiorentino, Aversa, Napoli, Barcellona Pozzo di Gotto) a diretta gestione dell’Amministrazione Penitenziaria ed uno, Castiglione delle Stiviere, viene amministrato sulla base di una convenzione tra Ministero della Giustizia e azienda ospedaliera; nei sei centri sono reclusi 1057 internati – mentre erano circa 1500 nel 1979 e 1807 nel 1983 - senza alcun effettivo esame dei casi di reale pericolosità che, in realtà, dovrebbero essere valutati, ai fini decisionali in ordine all’internamento, come indicato dalle sentenze della Corte Costituzionale n.253 del 2003 e n.367 del 2004; vi è dunque una tendenza, che è legittimo definire positiva, che comporta la riduzione anziché l’espansione degli internati negli OPG; in particolare la sentenza n. 253 del 2003 ha dichiarato la illegittimità costituzionale dell’art. 222 C.p, “nella parte in cui non consente al giudice (...) di adottare, in luogo del ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario, una diversa misura di sicurezza prevista dalla legge, idonea ad assicurare adeguate cure dell’infermo di mente e a far fronte alla sua pericolosità sociale”; la sentenza n. 367 del 2004 riconosce e circoscrive la opportunità di scelta fra internamento e affidamento esterno ai servizi, per le misure di cui all’art.206 del C.p; le diverse posizioni giuridiche degli internati evidenziano una condizione nella quale, al di fuori dell’Ospedale psichiatrico giudiziario, appare generalmente assente una assunzione di responsabilità da parte delle strutture sanitarie competenti che incide in particolare su coloro – pari a quasi il settanta per cento del totale - che sono reclusi negli OPG perché (art. 222 del Codice penale) prosciolti per vizio totale di mente e dichiarati socialmente pericolosi; ad oggi le persone che sono recluse negli OPG, pur non essendo sottoposte a misura di sicurezza definitive, sono identificabili: complessivamente, in riferimento ai sei OPG, appaiono evidenti condizioni di assoluto degrado, di assenza di una efficace assistenza terapeutica, con un forte ricorso alla somministrazione di psicofarmaci, o di programmi di trattamento e di riabilitazione socio-psichiatrica finalizzati alla revoca della misura di sicurezza, di sostanziale inesistenza di protocolli e modalità di collaborazione fra l ’OPG e i dipartimenti di salute mentale presso le Asl competenti sul territorio; la relazione finale del Gruppo di lavoro, incaricato nel 2004 dalla Commissione interministeriale Giustizia-Salute sulla sanità penitenziaria di approfondire il tema nei sei istituti psichiatrici italiani di detenzione, ebbe modo di evidenziare la necessità di superare l’attuale assetto “attraverso la realizzazione di un sistema integrato di psichiatria penitenziaria”; la inattuata chiusura degli OPG, all’ordine del giorno sin dall’approvazione della legge 180 del 1978 che ha abolito gli ospedali psichiatrici, il cui superamento è previsto dal decreto legislativo 230 del 1999, ha inoltre determinato una perdurante mancanza di politica manutentiva degli Istituti, alcuni dei quali ormai vetusti; tutto ciò ha causato un lento ma inesorabile degrado delle strutture che, nel tempo, ha comportato una progressiva chiusura di alcuni reparti a discapito della capienza e dell’abitabilità; una recente inchiesta del Corriere della Sera, pubblicata il 18 aprile 2007 con il titolo “Suicidi e Aids, i ‘matti’ dimenticati”, firmata dal giornalista Fulvio Buffi, ha riguardato la situazione dell’Ospedale pischiatrico giudiziario di Aversa che, insieme all’O.P.G. di Napoli, ospita il quaranta per cento degli internati sul territorio nazionale; attualmente nell’ OPG. di Aversa sono reclusi trecento persone rispetto al livello massimo che dovrebbe essere di centosettanta; in particolare, emerge dall’inchiesta la valutazione del direttore dell’OPG. di Aversa, Adolfo Ferraro, secondo il quale il sessanta per cento degli internati nel centro potrebbe uscire “se ci fossero fuori strutture adatte ad accoglierli e curarli”; strutture che, si afferma nell’inchiesta, o appaiono inesistenti o, nel caso delle Asl competenti, del tutto assenti, giacché le loro valutazioni sono espresse sulla base dei presunti maggiori costi di assistenza per ogni assistito rispetto a quelli sostenuti nella condizione di internato: “un recluso in Opg costa 600 euro all’anno, fuori ne costerebbe ventimila. E così pure a pena scontata, spesso al giudice di sorveglianza non resta altro che applicare la proroga della reclusione. Lo chiamano ergastolo bianco, nessuno sa quando finirà”; il 19 aprile sul Corriere della Sera il dottor Marco D’Alema, consigliere del Ministro della salute Livia Turco, ha affermato che in collaborazione con il comitato tecnico delle Regioni, il Ministero della salute ha in esame scelte e indirizzi il cui obiettivo sia il superamento degli OPG. in tre fasi: anche di tali modifiche si occupa la Commissione di studio per la riforma del codice penale, che si è insediata il 27 luglio 2006 al Ministero della giustizia, presieduta dal professor Giuliano Pisapia; il 20 aprile sempre Il Corriere della Sera, in riferimento all’inchiesta sopra citata, ha pubblicato una lettera congiunta del Ministro della giustizia Clemente Mastella e del Ministro della salute Livia Turco, nella quale i ministri affermano che: la associazione Antigone, che istituzionalmente dedica le proprie iniziative al sistema penitenziario, nel suo ultimo rapporto online sugli ospedali psichiatrici giudiziari, pubblicato sul sito della associazione, dichiara che: tale insieme di valutazioni e di dati obiettivi conferma come l’esistenza degli Ospedali psichiatrici giudiziari incida su fondamentali questioni della psichiatria e del diritto, al di là della condivisione o meno di ogni associazione tra malattia mentale e pericolosità sociale, la cui insussistenza è stata l’indicazione propositiva, e in questo senso “provocatoria”, contenuta nella legge 180; nella XIII legislatura, la proposta di legge a prima firma dell’on. Franco Corleone (AC 150) e quella proposta dalla Regione Toscana hanno affrontato, coerentemente, alcuni fra i punti critici che interessano il rapporto fra il concetto di ‘pericolosità sociale’ e l’applicazione di misure di sicurezza. In particolare, sotto questo profilo, la nozione di non imputabilità (pdl proposta dalla regione Toscana) o imputabilità del malato di mente (proposta Corleone) autore di reati con la previsione di trattamento penale differenziato in carcere o applicazione di misure alternative al carcere; due profili che contestualmente, seppure con ipotesi differenti, hanno avuto come obiettivo l’applicazione di misure di sostegno in luogo degli attuali OPG; nel 1997 l’allora direttore dell’amministrazione penitenziaria, dottor Michele Coiro osservò che “il sistema deve cambiare radicalmente. Se il carcere deve servire a risocializzare e la riforma psichiatrica ci ha insegnato che l’istituto non cura, il malato di mente deve avere diritto alla pena”; la Commissione Pisapia per la riforma del Codice penale è orientata, secondo quanto riportato dagli organi di stampa, all’unanimità dei propri componenti a favore dell’eliminazione delle misure di sicurezza per le persone non imputabili, la essenziale previsione della applicabilità delle misure di sostegno non oltre l’entità della pena – contro, appunto, la incivile possibilità di misure di sicurezza che possono essere prorogate senza limiti - la valutazione periodica dell’efficacia dei protocolli terapeutici, il mantenimento di strutture sanitarie specifiche nei casi in cui sia impossibile prescindere da un controllo quotidiano; il Gruppo di lavoro, sopra citato, istituito per iniziativa del Comune di Montelupo Fiorentino, della Regione Toscana, della Provincia di Firenze e del Forum nazionale per il diritto alla salute in carcere, in tale prospettiva, ha proposto la definizione di un Progetto nazionale che “dovrebbe stabilire modi e tempi per l’assegnazione dei ristretti negli OPG attuali alle Regioni e, dunque, ai territori di provenienza, le tipologie differenziate delle strutture e dei servizi da attivare in ogni Regione per la cura e la custodia, le competenze, le responsabilità e le forme di collaborazione da attivare tra il sistema penitenziartio e il sistema sanitario a livello nazionale, regionale e locale, i provvedimenti per il trasferimento del personale sanitario nei ruoli sanitari delle Regioni interessate, la quantificazione delle risorse finanziarie in conto capitale e in conto gestione di pertinenza sia del sistema penitenziario che del sistema sanitario. “E’ evidente –si afferma nella proposta-che per realizzare il Progetto obiettivo con certezza e con continuità è necessario che i due sistemi, sanitario e penitenziario, diano luogo, a tutti i livelli, ad una struttura organizzativa specifica, dotata di competenze e di personale dedicato. E’ ipotizzabile all’interno del DAP un’autonoma organizzazione che si occupi dell’OPG in maniera continua, in grado di agire con autonomia di risorse e di organizzazione. Cosa analoga si pone per il Ministero della salute. Il potenziamento dei Servizi psichiatrici del territorio, il loro collegamento con la rete delle strutture e dei servizi sociali, tutti strumenti necessari per abbreviare i percorsi di internamento e agire per il recupero sociale dei malati di mente, non può essere lasciato –(sostengono i promotori il documento e condivide l’interpellante, ndr)- alla singola realtà locale, territoriale o regionale, ma deve trovare nel Ministero della salute una Sezione di lavoro che faccia da riferimento e da cerniera tra il livello centrale e il sistema regionale e che sia in grado di elaborare politiche e protocolli normativi di rapporto tra gli OPG e le ASL, insieme a strumenti e sistemi di controllo”-: Marco Boato
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